di Giacomo Stiffan

La reazione russa al bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol è veritiera?

Una ragazza si aggira in pigiama tra le macerie. Ha il pancione, le ferite sul viso mostrano il sangue ormai rappreso.

Un’altra non è così fortunata. È stesa su una barella, semi incosciente, mentre viene trasportata via. Morirà qualche giorno dopo e con lei il suo bimbo.

Sono immagini circolate nei giorni scorsi, ritraggono le mamme sopravvissute ai missili russi che hanno distrutto un ospedale pediatrico a Mariupol, nel sud dell’Ucraina. Immagini agghiaccianti, che non possono lasciare indifferenti.

A meno che non lavoriate al Cremlino.

La reazione di Mosca a questo vergognoso bombardamento è stata “plurale”, per usare un gioco di parole: le fonti ufficiali russe prima hanno negato il bombardamento, poi hanno affermato che l’ospedale ospitava soldati del battaglione Azov, e che i civili erano stati evacuati. Poi ancora che si trattasse di un deposito di armi. Infine, messe alle strette, hanno sostenuto la tesi della messinscena: le mamme sarebbero attrici e le ferite il frutto di un sapiente uso del make-up. La dimostrazione? Una di queste, prima della guerra, era una beauty blogger, come altre migliaia di ragazze europee.

Come vediamo Mosca ha man mano preso una posizione sempre diversa, in funzione delle informazioni che trapelavano dal luogo del bombardamento e dall’eco mediatica mondiale che ne seguiva.

Posto che le versioni russe sul durissimo assedio di Mariupol sono state ripetutamente smontate dai fact checker, dalle testimonianze raccolte sul campo dalla stampa internazionale, nonché dagli enti sovranazionali presenti a Mariupol – in primis la Croce Rossa –, si può comunque trarre un importante insegnamento da questa vicenda.

La menzogna è un elemento tipico della propaganda bellica. Sta al lettore capire quando una notizia può essere ritenuta affidabile, quando va presa con le pinze e quando è fuffa. In tal senso l’esempio appena visto è utile per comprendere alcuni meccanismi che è importante saper riconoscere.

La prima considerazione da fare è di natura prudenziale. Di fronte a una tesi che cambia di continuo si può già affermare oltre ogni ragionevole dubbio che non è la verità. Essa per definizione è una, e non cambia. Potrà essere aggiornata, arricchita nei dettagli, ma mai stravolta. Quando ciò accade il fine di chi riporta queste motivazioni è uno solo: sollevare una coltre di bugie per nascondere la verità.

Nel caso specifico va poi considerato che l’onere della prova spetta sempre alla parte attiva che compie l’azione, in questo caso la Russia: trattandosi di un ospedale pediatrico ci si deve aspettare che dentro ci siano dei pazienti, pertanto è responsabilità di chi preme il grilletto avere in mano le prove oggettive che così non è. Questo prima, non dopo.

A ogni modo queste prove non sono mai state presentate. Se per assurdo la dentro non ci fossero state donne e neonati ma dei militari, la Russia sarebbe ugualmente colpevole non essendosene accertata a priori.

Ragionare in senso opposto è agghiacciante. Quanto successo a Mariupol non è una bazzecola, ma un potenziale crimine di guerra : non può è non deve passare l’idea che la presunta presenza di militari sia la giustificazione per bombardare civili e ospedali, altrimenti non appena i russi cominceranno a entrare nelle città assisteremo a una vera e propria pulizia etnica.

Questo caso particolare è terrificante, perché colpisce i più vulnerabili, le nuove vite e le mamme che se ne prendono cura. Ma non cadiamo nel tranello, questo non rende gli altri bombardamenti più “corretti” solo perché colpiscono obiettivi meno sensibili, come una certa retorica vorrebbe far credere. La narrazione russa su questa vicenda ha vari strati ma è quello meno visibile a essere il più subdolo: farci focalizzare su una singola vicenda è esattamente quello che vuole chi questa propaganda l’ha messa in atto

Per vederci chiaro è necessario fare un passo indietro e allargare la visuale. Dare in pasto ai media queste fake news serve a ottenere un effetto ben preciso, studiato a tavolino. L’opinione pubblica si concentra sulla correttezza o meno di questo singolo bombardamento e si spacca tra chi crede alla versione russa e chi no, distraendo entrambi da un fatto oggettivo: a essere sbagliata non è quel singolo bombardamento, ma l’intera invasione.

È un diversivo retorico. Le Nazioni Unite hanno condannato l’operazione di Putin in Ucraina nel suo complesso, pertanto ogni missile russo che cade è sbagliato per definizione.

Intanto, sui social si vede il meglio e il peggio delle persone. Da una parte chi si prodiga per accogliere i milioni di profughi in fuga da questa barbarie, dall’altra chi con la bava alla bocca sbraita commenti disumani. Per loro questo sforzo dovrebbe andare agli italiani, non agli stranieri. Prima noi, sempre e comunque, anche se si tratta di persone che hanno perso casa e famigliari sotto le bombe.

Guarda caso sono gli stessi che diffondono la disinformazione russa, insultando la memoria di quella povera mamma, quella del suo bimbo e di tutte le vittime innocenti di questa insensata invasione.

Giacomo Stiffan

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