Ragazzi ‘non schierati’, che vogliono capire cosa sta accadendo in Ucraina e chiedono informazioni. Vogliono che gli si spieghi la storia dell’Ucraina e le ragioni che hanno portato al conflitto; la fine dell’URSS e la nascita delle Repubbliche indipendenti; il ruolo della Nato, dell’Europa e degli Stati Uniti e dell’ONU; la posizione della Cina. Vogliono capire i piani e gli scopi di Putin. E mentre parli ti ascoltano e poi alzano la mano e fanno domande alle quali non sempre riesci a dare una risposta’. La dirigente del Liceo Corradini Marina Maino spiega com’è cambiata la vita dentro la scuola, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Descrive ragazzi non indifferenti, ma vogliosi di sapere, che chiedono di quel pezzo di storia, che i loro figli ed i loro nipoti studieranno sui libri. Ma non omette l’indifferenza di qualcuno.

I media e nei dibattiti in tv non si dà la parola ai ragazzi, ce li può desrivere Lei, preside Maino, questi giovani, a cui noi giornalisti dovremmo dare spazio più spesso?

Sono preoccupati e spaventati per ciò che potrà accadere e per le ripercussioni che il conflitto, inevitabilmente, avrà anche sulla nostra quotidianità: l’aumento del carburante, del gas, delle bollette, della spesa; il rischio per i risparmi dei nonni o dei genitori; la paura che il conflitto coinvolga l’intera Europa. Tenga  conto che in qualche classe abbiamo ragazzi che provengono dalle zone colpite, che hanno parenti nelle zone di guerra o che hanno avuto modo di incontrare persone, soprattutto le badanti dei nonni o di qualche vicino di casa, di nazionalità ucraina o moldava. Sono molto colpiti e spaventati dalle notizie e dalle immagini trasmesse dalle televisioni e accanto a chi vorrebbe fare qualcosa di concreto. Qualcuno vorrebbe andare sul posto a dare una mano a fabbricare le molotov da lanciare contro i carri armati russi, qualcun altro vorrebbe addirittura, prestare il proprio aiuto per la cura e l’assistenza dei civili, soprattutto dei bambini , c’è chi si sente impotente di fronte a tanta distruzione.

Che sentimenti percepite nelle aule? 

I ragazzi non sono “schierati”, non nutrono sentimenti di odio o rabbia per i russi, si rendono conto che molti hanno subito le decisioni di Putin e della cerchia che lo appoggia.  Vogliono essere rassicurati. E questa è la cosa più difficile: come puoi dire loro “andrà tutto bene” quando tu stesso non sei convinto? Ci provi: li inviti ad avere fiducia nelle diplomazie e nella mediazione; richiami l’invito di papa Francesco a pregare, non importa chi, chiunque sia, bisogna confidare che ascolterà la nostra supplica. Li inviti a non perdere la speranza e ad impegnarsi di più e meglio perché, quando tutto sarà finito, la Russia, l’Ucraina, l’Europa, il mondo avranno bisogno di donne e uomini che hanno compreso il valore della pace, della solidarietà, dell’accoglienza, del sacrificio. Uomini e donne “nuovi”. E con il cuore pesante, con il rammarico che più di così non puoi dire, riprendi la lezione…

Com’è cambiata la vita del corpo docenti? Cosa Le raccontano gli insegnanti?

Riferiscono di aver iniziato un dialogo con i ragazzi  quando la guerra era appena iniziata. Ciò che mi raccontano e mi ha colpito è  il loro senso di impotenza, la sensazione che per quanto possano  fare loro, le decisioni prese dai potenti del mondo non avrebbero di sicuro tenuto conto della loro voce. Mi descrivono anche  incredulità determinata dal fatto che un avvenimento così grande abbia luogo in un mondo vicino al loro. So che gli studenti hanno manifestato anche preoccupazione per il loro quotidiano . Mi riferiscono anche di sensi di  colpa per il fatto di poter pensare alle conseguenze che avrebbero condizionato il loro piccolo, perché non coinvolti direttamente dalla guerra come molti giovani ucraini. Hanno riportano durante i confronti con i loro insegnanti anche il senso di colpa per il fatto di essere privilegiati e di non apprezzare ciò che hanno. Si sentono amareggiati per il fatto che le loro coscienze si risveglino solo quando si parla di guerre vicine, mentre, cito le parole di una alunna, “la guerra c’è sempre”.

Cosa pensano dei mezzi d’informazione?

Alcuni studenti si sentono angosciati perché i genitori hanno la radio o la TV accesa ventiquattro ore su ventiquattro e non riescono a costruire una barriera emotiva rispetto a ciò che vedono o sentono. In quel caso, abbiamo parlato dell’importanza di scegliere i tempi e i modi dell’informazione, vivendola in prima persona e non subendola. Invece di lasciarsi “bombardare” da immagini purtroppo reali, ma troppo violente che ci arrivano in grande quantità e con grande velocità, provocando solo terrore, è opportuno scegliere la lentezza della lettura di un articolo di giornale, cartaceo o online, nel quale ognuno si possa prendere il tempo per comprendere ed elaborare, certi del fatto che la conoscenza e l’informazione dovrebbero vincere o alleviare e non provocare o alimentare la paura.

Cosa alimenta in loro la paura? 

Alcuni studenti per motivi personali hanno famigliari vicini a zone di conflitto, o italiani che sono lì per lavoro o studenti moldavi con famiglie che vivono in zona di frontiera. Ciò aumenta la sensazione di vicinanza particolare di questa guerra, la rende tangibile.  Fa percepire un senso di globalità che dovremmo riuscire a vivere sempre, anche in tempo “di pace”…

Preside, lei mi sta descrivendo studenti comunque informati e preparati sul tema-guerra…

Aspetti, questo non riguarda tutti. Una docente mi ha riferito di essere rimasta  sorpresa perchè nelle tre classi dove insegna  solo pochi si informano e conoscono l’attualità. In una classe addirittura ne aveva aveva parlato prima dello scoppio, e solo una studentessa sapeva che si stava parlando della possibilità di una guerra.

Un’altra professoressa mi ha confidato di essere rimasta delusa perchè in classe si è  parlato della storia dell’Ucraina, cercando di capire il perché si sia arrivati a questo, e non ha percepito  interesse o curiosità, ma solo passività. Insomma, la situazione è variegata ed io domando sempre ai docenti, anche dopo aver fatto il minuto di silenzio per la pace. Qualcuno mi ha riferito che i ragazzi ne sono rimasti molto colpiti (positivamente) , alcuni commossi e consapevoli che stiamo vivendo un momento epocale. Qualche ragazzo sa che la guerra Ucraina-Russia è iniziata nel 2014, ma prima la percepiva come molto lontana, ora hanno la sensazione che la guerra sia entrata in casa.  In generale nelle quarte e nella quinte i ragazzi sono sembrati più consapevoli e tentano analisi razionali, anche se non sempre strutturate, mentre in terza sono meno a conoscenza dei fatti, ma anche più spaventati. La maggior parte non si aspettava che Putin mettesse in atto le sue minacce, soprattutto per ragioni di convenienza economica. Praticamente nessuno pensava che ci potesse essere una guerra alle porte dell’Europa.

A parte il caso di due ragazze serbe, nessuno ricorda che negli anni ‘90 sui Balcani abbiamo avuto una sequenza di guerre molto più vicino a noi. Ho trovato anche interessante come alcuni di loro ammirino il patriottismo dei giovani ucraini. Abbiamo anche cercato di capire le ragioni dei russi (perché hanno attaccato?), ma ovviamente tutti ritengono l’attacco ingiustificabile. Manifestano grande solidarietà per il popolo ucraino, però ritengono che le sanzioni economiche ricadranno sul popolo russo (anche loro vittime di questa guerra) e non sugli oligarchi al potere. Hanno apprezzato il gesto di Abramovich che ha venduto il Chelsea per sostenere il popolo ucraino. Si chiedono se in Russia ci sia dissenso e quanta disinformazione interna ed esterna ci sia (cosa sa il popolo russo?). Ritengono importante il diritto all’informazione (figli dell’epoca in cui vivono) e sono preoccupati della qualità di questa informazione. E questo è un altro aspetto molto positivo che è emerso. Probabilmente questi ragazzi sono migliori di come noi adulti spesso li dipingiamo.

Natalia Bandiera

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