No alle cooperative negli ospedali . Su 26 Pronto Soccorso del Veneto, in 18 per coprire i turni devono ricorrere alle cooperative, che forniscono personale sanitario (quando non li gestiscono direttamente) anche ai Suem 118 e ai reparti di Medicina e Ginecologia. Anche a Santorso, si sa da anni, è così e la nostra testata giornalistica se ne è occupata diverse volte. L’indagine Cimo dei giorni scorsi, fa emergere un quadro  molto allarmante con la migrazione di massa di medici e infermieri.

‘Un esodo dovuto a carichi di lavoro ormai insostenibili – riporta l’approfondimento de Il Corriere – , orari senza limite, stipendi decisamente inferiori a quelli garantiti dal privato e dalle coop (dove un turno di 12 ore vale da 600 a mille euro), e nelle pieghe del quale si insinuano «deviazioni» come quella denunciata da «Fuori dal coro» (Rete 4), che proprio nel Veneto ha individuato alcune coop dalla condotta singolare. Una è presieduta da Luigi Buompane, che pur diplomato all’Istituto alberghiero di Aversa seleziona i camici bianchi da inviare negli ospedali veneti’.

«Quello che conta alla fine, quando arriva il curriculum di un medico, è l’iscrizione all’albo — dice l’intervistato  —. Ho fatto un po’ di formazione, mi occupo delle risorse umane e i curricula li scelgo insieme a un’altra persona. Ma perché i medici devono essere selezionati da altri medici?» .

“Quanto denunciato dal Cimo e dalla Cgil dovrebbe far riflettere la Regione sulla necessità di ‘reinternalizzare’ i servizi, a partire dai Pronto Soccorso: non ci sono sufficienti garanzie di qualità e i costi sono maggiori. Perché insistere? Servono assunzioni in pianta stabile, unico modo per frenare questa deriva”. A dirlo è la Consigliera Anna Maria Bigon, Vicepresidente della Commissione Sanità a palazzo Ferro Fini, in merito all’annunciata ispezione della Regione per verificare la qualità dei servizi in appalto negli ospedali.

“Tutti i veneti – aggiunge Bigon – hanno diritto a una sanità di livello e prima di ricorrere a personale esterno, sulle cui modalità di reclutamento sappiamo poco o niente, dovremmo pensare a come arginare la fuga di professionisti dal pubblico, visto che il Veneto rappresenta un vero e proprio caso. Turni massacranti, poche possibilità di avanzamento di carriera e stipendi più bassi: le ragioni sono note da tempo. Non si può far finta di niente e poi dire che le cooperative sono l’unica soluzione possibile perché i concorsi vanno deserti. Senza interventi radicali, la situazione è destinata a peggiorare, con un’unica certezza nessuno vorrà più lavorare nel pubblico”.

Lorenzoni: ‘Troppo tardi per mandare ispettori’

“Mandare adesso gli ispettori negli ospedali veneti è come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati: è troppo tardi”. Così il Portavoce dell’Opposizione in Consiglio regionale Arturo Lorenzoni sulle verifiche, annunciate dall’assessore Manuela Lanzarin, inerenti il personale sanitario assunto dalle cooperative. “Vero che mancano i medici, soprattutto quelli giovani – prosegue il Portavoce – ma è altrettanto vero che da anni la sanità veneta vede un’irreversibile fuga di professionisti sanitari, con competenze elevatissime, verso il settore privato. Chi amministra il Veneto da oltre quattro lustri deve rispondere del fatto che oggi ci sono reparti senza personale”.

“Come ci si può sorprendere ora quando i bandi vanno deserti da anni?” Si chiede il Lorenzoni che continua: “Possibile che nessuno, nemmeno i direttori generali, si siano fatti delle domande in questo senso? Affidarsi alle cooperative esterne è una scelta precisa. Ora, però, tutti i nodi vengono al pettine: l’amministrazione regionale è tenuta a darne conto. Il buon funzionamento di un qualsiasi reparto di una struttura ospedaliera dipende dall’affiatamento e dalla capacità di lavorare in squadra: di certo, non è possibile creare tali condizioni con professionisti che vengono chiamati a gettone”.

“Questo – conclude Lorenzoni – anche perché la sanità veneta, ogni giorno dipinta come d’eccellenza, è governata solo con criteri amministrativi, che poco hanno a che fare con l’encomiabile lavoro di medici e infermieri e delle vere necessità di una macchina di cura che dovrebbe essere sempre a servizio del paziente”.

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