E’ grande il senso di smarrimento e di incredulità per una vicenda che sta scioccando non solo la piccola comunità di Posina, ma tutto il comprensorio dell’alto vicentino. L’inchiesta ha avuto eclatanza anche sui media regionali e nazionali.
Le indagini condotte dalle Fiamme Gialle hanno fatto emergere un quadro a tinte fosche all’interno degli stabilimenti Lissa, storico brand legato alla commercializzazione di bevande analcoliche della società ‘Fonti di Posina Spa’ dove assieme allo sfruttamento del lavoro, pare si consumassero anche vere e proprie sevizie fisiche nei confronti di giovani operai stranieri, dipendenti di una cooperativa, costretti al silenzio pur di mantenere un posto di lavoro.
Un degrado e una mortificazione della dignità personale che lascia basiti e che sembra distante anni luce da quel modello di Nord est spesso decantato e citato ad esempio per virtù: e se la magistratura è ora chiamata ad asseverare i fatti accertandone le responsabilità eventualmente anche in quella dirigenza che ufficialmente, nelle scorse ore, si è chiamata estranea alla condotta invece attribuita alla cooperativa che operava nello stabilimento e a cui facevano capo i lavoratori moldavi promotori delle denunce, in zona e non solo, sono in molti a chiedersi come mai nessuno avesse mai parlato prima e se sia possibile che un ‘sistema’ così apparentemente rodato nel suo squallore, non avesse mai insospettito qualcuno.
La Fai Cisl Vicenza, con una nota ufficiale ha ribadito l’importanza di rompere la cortina di silenzio che spesso cela queste situazioni di grave sfruttamento ricordando l’iniziativa partita proprio a dicembre con il patrocinio della Regione Veneto: “Abbiamo attivato un numero verde gratuito, l’800.199.100” – ricorda Maurizio De Zorzi, segretario provinciale – “proprio per dare risposte ai lavoratori che hanno bisogno di informazioni e per raccogliere segnalazioni relative a situazioni di sfruttamento e illegalità, come l’arruolamento di manodopera con metodi ricattatori fino a veri e propri casi di schiavitù. Proprio presentando la campagna, lo scorso dicembre, avevamo lanciato l’allarme, ricordando che il caporalato non è, come qualcuno vorrebbe pensare, solo un fenomeno legato al sud e all’agricoltura, ma è presente anche nel nostro territorio, anche nel settore manifatturiero. Certo parliamo di casi isolati, ma sui quali occorre vigilare e intervenire con fermezza. Invitiamo tutti i lavoratori vittime di abusi a non avere paura e a farsi avanti. Il numero verde SOS Caporalato è attivo dal lunedì al giovedì dalle ore 10 alle 17 e il venerdì dalle 10 alle 13″.
L’indignazione e il silenzio di chi non vuole esporsi
Non se la sente di intervenire invece per ora la gente del posto, comprensibilmente scossa da un caso ancora troppo fresco: “E’ impossibile che nessuno sapesse niente e tutti ora caschino dalle nuvole” – commenta un ristoratore della vallata – “non dico tutta la faccenda, per carità, ma proprio non saper niente mi convince poco. Ho come l’idea – conclude con un sorriso amaro – che si preferisca tacere”.
“Il risparmio non può essere l’unico criterio per affidare servizi e allo stesso tempo ci devono essere più controlli per smascherare le cooperative fittizie”.
Sul caso Fonti di Posina, con l’indagine della Guardia di Finanza che ha rivelato l’orrore di minacce, turni massacranti al limite della schiavitù e perfino abusi sessuali, ai quali erano sottoposti alcuni lavoratori della nota azienda di acque minerali, interviene il Pd in regione Veneto. Con accuse precise, che richiamano in primis maggiore attenzione da pèarte del mondo imprenditoriale alle condizioni di lavoro dei dipendenti e alle logiche che portano all’uso di cooperative, a volte fittizie, che non operano con i dovuti criteri.
“Lo scandalo caporalato alla Fonti di Posina è l’ennesimo campanello d’allarme: servono controlli più stringenti sugli affidamenti alle cooperative, spesso fittizie, perché il risparmio non può essere l’unico criterio, senza verificare le condizioni dei lavoratori”, ha dichiarato Francesca Zottis, consigliere del PD Veneto e vicepresidente dell’assemblea di Palazzo Ferro Fini con delega alla Legalità insieme al capogruppo Giacomo Possamai e ad Andrea Zanoni, presidente della commissione Legalità in Consiglio regionale, commentando le indagini sullo stabilimento di imbottigliamento che ha portato alla scoperta di lavoratori sfruttati da una cooperativa che operava all’interno.
“La qualità dell’occupazione e il rispetto per la dignità delle persone devono essere parte integrante dei contratti firmati nella nostra Regione, anche come leve competitive – hanno continuato – Gli organi competenti continueranno le loro attività per verificare precise responsabilità e colpe, ma il quadro che emerge è raccapricciante e non è la prima volta in Veneto. Le accuse sono pesantissime, dal caporalato, fenomeno sempre più diffuso e che non riguarda soltanto l’agricoltura, alla violenza sessuale fino alla tratta di esseri umani. L’attività degli inquirenti è fondamentale, ma ancor prima è necessario un forte presidio politico e culturale. C’è bisogno di un nuovo patto tra istituzioni e mondo economico sul tema di appalti e subappalti alle cooperative, un sistema dove è più difficile fare controlli. Già oggi ci sono però cooperative che lavorano molto bene proprio sulla professionalizzazione e la qualità del servizio: con loro va stretta una alleanza per combattere le cooperative fittizie che fanno un danno alle straordinarie realtà del nostro territorio. I protocolli fin qui sottoscritti sono preziosi, ma debolissimi se non ci si muove in una direzione di chiarezza e crediamo che i tempi siano fin troppo maturi per una revisione della legislazione a livello nazionale”.