“Al ritmo attuale dei contagi, da qui a due mesi oltre il 50% degli europei sarà contagiato dalla variante Omicron del Covid”.
Lo ha detto Hans Kluge, direttore dell’Oms Europa in un briefing sull’andamento della pandemia del Vecchio Continente.
“Con questi ritmi di diffusione, si stima che oltre il 50% della popolazione della Regione europea sarà contagiata dalla nuova variante nelle prossime 6-8 settimane”. Ha spiegato.
“La regione europea – ha continuato Kluge – ha registrato oltre 7 milioni di nuovi casi di Covid segnalati nella prima settimana del 2022, più che raddoppiati in un periodo di due settimane. Al 10 gennaio, 26 paesi hanno segnalato che oltre l’1% della loro popolazione si è ammalata ogni settimana. Sul fronte ricoveri prendiamo l’esempio della Danimarca, dove i casi di Omicron sono esplosi nelle ultime settimane: il tasso di ospedalizzazione per Covid-19 nei pazienti non vaccinati è risultato 6 volte superiore ai vaccinati nella settimana di Natale. E i dati del sistema di sorveglianza ostetrica del Regno Unito mostrano che il 96% delle donne in gravidanza ricoverate in ospedale con sintomi di Covid-19 tra maggio e ottobre 2021 non era vaccinate, una su 3 ha avuto bisogno di supporto respiratorio”.
Questi i casi illustrati da Kluge in conferenza stampa per “ribadire che i vaccini attualmente approvati continuano a fornire una buona protezione contro malattie gravi e morte, anche per Omicron”.
Anche se gli esperti come Franco Locatelli avvertono: “Non è corretto trattare la variante venuta dal Sudafrica come incapace di provocare la malattia grave”. Ma intanto sia Boris Johnson che Pedro Sanchez programmano di cambiare le regole dell’emergenza. Abbandonando, per esempio, il conteggio dei contagi quotidiani. O riducendo l’autoisolamento di chi è positivo ma vaccinato. Di certo è che le attuali positività registrate attraverso i tamponi, non sempre coincidono con il covid. Il 34% dei pazienti positivi ricoverati non è malato di Covid-19: non è in ospedale per sindromi respiratorie o polmonari e non ha sviluppato la malattia da Covid ma richiede assistenza sanitaria per altre patologie e al momento del tampone pre-ricovero risulta positivo al Sars-CoV-2. I dati emergono da uno studio fatto da Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere).