Una storia relegata ben oltre le seconde file, quella raccontata da Giorgio Spiller nella sua ultima fatica ‘Il villaggio brucia’ dove sono i volti ‘minori’ a testimoniare i segni di un periodo bellico che ancora sopravvive nelle memorie di pochi e che pagina dopo pagina però rivive quasi nel bisogno di restare a testamento.
Il 7 settembre 1944 a Cesuna, sull’Altopiano dei Sette Comuni, i nazifascisti danno fuoco a case e stalle per rappresaglia ad azioni partigiane. Intorno alla rievocazione dell’evento, ricostruito a fatica attraverso i racconti pazientemente raccolti dai superstiti e tramite i documenti dell’Archivio di Stato di Vicenza, l’autore Giorgio Spiller disegna un mondo scomparso il cui ricordo è sempre più sbiadito ma non per questo meno sentito. Ne ‘Il villaggio brucia’, edito da Attilio Fraccaro, trovano spazio e ribalta storie minime che la Storia ufficiale trascura e personaggi a loro modo emblematici, dai ragazzini ‘vacareti’ – giovani dediti alla cura del bestiame – al sàntolo del villaggio, alle donne capofamiglia sfrontate e coraggiose.
E per la sua presentazione avvenuta nelle scorse settimane, celebrazione migliore non poteva esserci che un pellegrinaggio laico lungo un breve sentiero secolare riportato a nuova vita, oltre un centinaio di persone, di volta in volta assorte, commosse e allegre, sedute su panche ed erba nei pascoli sullo Zovetto davanti all’antica ‘Casareta’ ad ascoltare la Storia e le storie di un villaggio bruciato dai nazifascisti nel ’44 e travolto poi da un ‘progresso scorsoio’ che ne ha annebbiato l’identità.
La presentazione del libro ‘Il villaggio brucia’ di Giorgio Spiller è stata una festa fortemente voluta e decisamente riuscita, anche grazie all’apporto degli Escursionisti Storico Umanitari, che ingloberanno il percorso come variante dell’Antica Strada del Costo. La festa è cominciata davanti al bar Lèmerle in centro a Cesuna con la performance della magnetica attrice Gabriella Ferrari, che ha riproposto accompagnandosi con le percussioni la sua drammatizzazione ‘Dala cusina te vedevi el cielo’, già rappresentata nel 2015 in occasione dell’inaugurazione della mostra ‘Cesuna brucia’.
Mostra da cui ha avuto origine il libro, come ha spiegato l’autore nell’illustrarne la genesi per poi guidare, bastone in mano come un patriarca, i suoi ospiti viandanti su per il sentiero degli Ostarei. Celata dagli alberi, la flautista Federica Lotti ha punteggiato il cammino con il suono leggiadro del suo strumento e della sua voce ed è uscita come ninfa dal bosco davanti al pubblico, esibendosi poi in diversi momenti con brani ispirati alla musica della natura: mentre suonava Bach, ha fatto capolino un capriolo ad ascoltare.
Primadonna dell’incontro, la 97enne Gioventina Frigo, ha fatto ingresso trionfale al braccio di Spiller, con la sua irrefrenabile parlantina ha ricordato il periodo trascorso come ‘vacareta’ nel ’37, pochi mesi che hanno lasciato il segno trascorsi ad accudire quattro mucche nella Casareta, un tempio del tempo passato, costruito di ‘stoan platten’, le antiche laste di pietra.
Il ricordo dell’altra musa ispiratrice dell’autore, Piera Ambrosini Campanara, è stato affidato, oltre che al suo bastone incastonato di ammoniti in bella mostra, alla lettura del brano a lei dedicato nel libro per la voce di Michela Valsecchi. Dell’esperienza da ‘vacareto’ ha parlato anche don Pierangelo Valente Ceci (1933), con il fratello Dino, saliti entrambi a piedi, un’esperienza di profonda comunione con la natura di valore quasi iniziatico, come ha ribadito don Germano Corà (1935), sbucato dai pecci arruffati pure lui a piedi in ritardo per proprio conto. Ragazzini svegli e veloci per i quali talvolta la trasformazione in staffette partigiane è stata naturale: così è capitato a don Germano e anche ad Anna Valente ‘Bajijia’, protagonista della seconda lettura della Valsecchi, dedicata ai suoi fratelli partigiani Erio e Tranquillo. I pascoli dello Zovetto, così come erano prima del progressivo abbandono, sono stati invece i protagonisti dell’ultima lettura a volo d’uccello su uno Zovetto coltivato, pascolato, curato per secoli dalla sapiente mano dell’uomo.
Un mondo scomparso a cui è stato riservato il brindisi finale con prosecco offerto da Mariano Bottarel di Colbertaldo e pane impastato e cotto dall’azienda Prukaren di Gallio con la segale seminata e raccolta intorno allo ‘Gnaro in Kugola’ , a suggello di una giornata che ha inebriato lo Zovetto di memoria, spettacolo, musica e profumi.
Il volume dell’apprezzato autore originario di Recoaro, artista ormai anima dell’Altopiano, è acquistabile nelle principali librerie del comprensorio montano, a Bassano e Vicenza oltre che su Amazon.
Marco Zorzi