Intendo proporre la costituzione di un fondo regionale con il quale, in concorso con i privati, produttori e consorzi, contrastare tramite azioni legali i prodotti falsi che copiano i marchi veneti. Il vino “coso” in kit fai da te con il nome Valpolicella, prodotto in Canada, targato California, venduto anche per corrispondenza nel Regno Unito, membro della Comunità Europeo, non può rimanere uno scandalo senza seguito, ma deve scomparire”.
L’assessore alla tutela del consumatore del Veneto Franco Manzato non ha dubbi: “è inaudita una violazione tanto palese delle norme europee sui marchi, è una truffa per i consumatori e una offesa grave per i produttori, è un modo per svilire un prodotto simbolo della cultura e della civiltà europea. E non è neppure a buon mercato”.
Oggi lo ha mostrato al pubblico, questo kit apparso ai più solo in televisione, in occasione della seconda giornata del Festival del Consumatore in corso alla Fiera di Padova. Una scatola che riporta il nome Valpolicella, sormontata dalla scritta California, comperata direttamente da Manzato in Internet e pagata 83 sterline, circa un centinaio di euro, con il cui contenuto è possibile realizzare una trentina di bottiglie di beverone spacciato per vino Valpolicella, prodotto DOC di territorio del Veneto. Dentro la scatola: una sacca di liquido che dovrebbe essere mosto concentrato anonimo, bustine di bentonite, di metabisolfito di potassio, di sorbato di potassio, di aromi (sambuco e fiore di sambuco), di segatura di quercia, lievito e istruzioni. Tempo necessario per avere il “prodotto” finito: 28 giorni.
“Tutti i grandi prodotti, soprattutto italiani, sono soggetti nel mondo a contraffazione – ha detto ancora Manzato – e si capisce perché: sono preziosi, sono il frutto di capacità, territorio e uve straordinarie. I furbi ne approfittano per lucrare spacciando per veri “potacci” di ogni genere. E noi vogliamo impedirlo, e insegnare ai consumatori di tutto il mondo che non è né utile né conveniente farsi fregare. Ma dobbiamo mettere in campo la maggior forza possibile, per tutelare davvero la nostra qualità e il suo buon nome. Il fatto che questo kit provenga dall’Inghilterra è uno spunto in più per l’Unione Europea a intervenire con severità e rapidità, a partire certo dai Paesi membri, ma anche ovunque nel mondo qualcuno si appropri di un marchio del vecchio continente”.