Nessun rischio di massicci licenziamenti da parte delle imprese meccaniche in caso di cessazione del blocco in vigore fino al 30 giugno: sono infatti, più le aziende che prevedono di dover aumentare l’occupazione rispetto a quelle che pensano di doverla ridurre, l’8% in più tra gennaio e marzo 2021 rispetto ai dati pesantemente negativi registrati negli scorsi trimestri. Quello che invece manca e che determinerà una difficoltà nel creare nuova occupazione è la mancanza di competenze necessarie.

A registrare il clima sul fronte occupazione dell’industria meccanica è l’indagine congiunturale presentata da Federmeccanica. “Per il nostro settore la paura legata allo sblocco dei licenziamenti è ingiustificata. Noi abbiamo bisogno di personale che lavori in fabbrica, alle macchine e non per un tempo limitato”, spiega Fabio Astori, Vice Presidente Federmeccanica. E i dati sembrano confortare il quadro: più della metà delle imprese, circa il 56%, si è detta pronta ad assumere ma evidenziando anche difficoltà nel reperire i profili professionali necessari per lo svolgimento dell’attività aziendale. (Adnkronos)

Non è vero che non c’è voglia di lavorare’

“I dati Istat di oggi fotografano la reale condizione occupazionale del Paese, confermandone la gravità e smentendo il dibattito insussistente di questi giorni sulla presunta mancanza di ‘voglia di lavorare'”. Ad affermarlo, in una nota, la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti. La dirigente sindacale esprime particolare preoccupazione per la diminuzione, nel primo trimestre 2021 rispetto al trimestre precedente, dei dipendenti a tempo indeterminato (-1,1 %): “rapporti di lavoro – sottolinea – che finora avevano invece tenuto per tutta la crisi pandemica. I quasi 900 mila posti di lavoro bruciati in un anno dimostrano con drammaticità che – prosegue Scacchetti – l’Italia non può permettersi e accettare ulteriori risoluzioni dei contratti di lavoro. Per questo, il blocco dei licenziamenti è una necessità, un’urgenza da prorogare fino alla fine di ottobre”. Inoltre, per la segretaria confederale “sarà prioritario condizionare gli investimenti, che si realizzeranno con le risorse europee, alla crescita occupazione e al superamento dei divari e delle disuguaglianze. Sarebbe inaccettabile – aggiunge – una ripresa economica non accompagnata da una crescita occupazionale, soprattutto per le donne e i giovani. Servirà agevolare i cambiamenti organizzativi e produttivi delle imprese tutelando l’occupazione, in particolare investendo sui contratti di solidarietà, sul fondo nuove competenze che ha urgente bisogno di essere rifinanziato, al di là delle risorse provenienti dall’Europa come il Fondo React-EU, e più in generale sul diritto soggettivo alla formazione. Per invertire la tendenza alla sottoccupazione e al lavoro povero, che da troppo tempo caratterizzano il nostro mercato del lavoro, saranno fondamentali tre leve: l’occupazione di qualità e quindi il contrasto allo sfruttamento e alla precarietà, il rafforzamento delle politiche attive e la riforma degli ammortizzatori sociali”, conclude la segretaria confederale della Cgil.

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