“In un solo mese di lockdown c’è stato un aumento del cyberbullismo: il 6% dei minorenni tra 9 e 17 anni sono stati vittime di bullismo in rete e il 19% ha assistito ad almeno un episodio di violenza verbale. Bisogna intervenire con azioni personalizzate, per non lasciare a questi ragazzi un debito di problemi psico-fisici”. A dirlo è Luca Bernardo, che guida il dipartimento di Medicina dell’infanzia e dell’età evolutiva dell’ospedale Fatebenefratelli Sacco di Milano e che ha condotto uno studio sul ‘Bullismo nel periodo Covid e post lockdown’.
QUANDO SI PUO’ PARLARE DI BULLISMO – Bernardo parte innanzitutto da cosa sia il bullismo, presentando il suo studio al 76esimo congresso della Società italiana di pediatria (Sip): “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni. Il bullismo è contraddistinto dall’intenzionalità, ovvero il desiderio di ferire, offendere, arrecare danno o disagio; l’asimmetria di potere nella relazione; la persistenza nel tempo; un uso ingiusto del potere; il piacere evidente dell’aggressore; la sensazione di oppressione della vittima, che tende a isolarsi, provando vergogna e solitudine. È un fenomeno che si evolve- sottolinea lo studioso- per i cambiamenti sociali e culturali, per la tipologia di soggetti coinvolti e modalità di diffusione, tanto che oggi possiamo parlare di bullismo omofobico, di bullismo a sfondo razziale, legato all’integrazione degli alunni stranieri in ambito scolastico”.
UN EPISODIO SU SEI E’ BULLISMO FEMMINILE – Poi c’è l’aspetto del bullismo elettronico o cyberbullying e del bullismo femminile, rappresentato da tutte le forme di violenza agita dalle ragazze. Un episodio su sei riguarda le ragazze e le bambine, alcune frequentano corsi in palestra per imparare a picchiare, colpire e aggredire le proprie compagne”. Secondo bernardo “il fenomeno non è più quello che abbiamo conosciuto nel libro Cuore, ma qualcosa di più complesso e che va analizzato in prospettiva diversa, considerando ad ampio raggio il cambiamento delle prepotenze tra pari. I bulli hanno una distinzione psicologica importante, tra queste la condizione di ‘vittima bullo’, che non riesce ad uscire dalla connotazione aggressiva- spiega Bernardo- e anche questa è una condizione da valutare e su cui agire.
CYBERBULLISMO: IN UN SOLO MESE DI LOCKDOWN AUMENTO DEL 6% – Diverso nelle modalità ma altrettanto grave è il cyberbullismo. “Si verifica quando ci sono comportamenti ripetuti attraverso dispositivi elettronici, il computer e lo smartphone, dove la violenza e l’aggressività, come ci dice la Sip, non si spegne mai”, sottolinea il primario del Sacco. Il cyberbullo è un adolescente che pubblica foto, video, registrazioni audio, informazioni private della vittima e dei suoi familiari, diffonde maldicenze attraverso chat, sms/posta elettronica o mette in atto minacce nascondendosi dietro pseudonimi o false identità. Sui campi di calcio e nelle palestre si compie il 10% degli atti di bullismo. E in un solo mese di lockdown- segnala Bernardo- c’è stato un aumento del cyberbullismo: il 6% dei minorenni tra 9 e 17 anni sono stati vittime di bullismo in rete e il 19% ha assistito ad almeno un episodio di violenza verbale. I fenomeni si sono così distribuiti: il 49% di casi di cyberbullismo tra pari, sul dato nazionale; 36% dei casi di azioni nei confronti di docenti; 3,6% dei casi di sexting; 1,6% dei casi di revenge porn; 9,3% dei casi segnalati da gruppi Telegram; 0,4 casi di adescamento. L’isolamento forzato ha portato ad un aumento della rabbia che spesso si sfoga in rete e nelle ore notturne. Otto ragazzi su dieci hanno modificato i propri orari, tanto da avere disturbi del sonno e dell’alimentazione, con sbalzi di umore in particolar modo dei ragazzi maschi. Le ragazze hanno manifestato attacchi al corpo, con aumento di atti autolesivi, manifestazioni di ansia, depressione e scarsa autostima”.
SINDROME POST TRAUMATICA DA STRESS IN RAGAZZI IN LOCKDOWN O QUARANTENA COVID – “I due studiosi Sprang e Silman- spiega Bernardo- hanno rilevato che il 30% dei minori sottoposti a quarantena o isolamento avevano sviluppato disturbi riconducibili alla Sindrome post traumatica da stress (Dpts). Una patologia che influisce negativamente sulle capacità evolutive ed emotive del giovane, causando disturbi comportamentali, relazionali, affettivi, sino alla generazione di comportamenti violenti, anche in età adulta”. Tra i fattori di rischio per Dpts post lockdown, Bernardo annovera anche la provenienza da ambienti familiari disfunzionali, oltre alla qualità della comunicazione caregiver-minore: “Laddove maggiore è la sensazione di panico e minaccia trasmessa dai genitori, maggiore è la probabilità che i figli sviluppino disturbi dell’ansia”. Ma ci sono anche la presenza di patologie nel ragazzo o bambino, “perché avere trascorsi traumatici eleva uno stato di allerta nei confronti dell’epidemia, aumentando il rischio di sviluppare sintomi depressivi acuti fino a 3 anni dopo. La presenza di genitori-caregiver operatori del settore sanitario, colpiti da stati di ansia acuti poi inconsciamente trasmessi nell’ambiente domestico; o ancora la presenza di un ambiente familiare disfunzionale, ovvero problemi di precedenti penali, abuso di sostanze in ambito domestico”.
E infine un focus sui disturbi comportamentali:
STUDIO DELL’OSPEDALE SACCO SU MINORI 6-17 ANNI: AUMENTATI DISTURBI COMPORTAMENTALI IN LOCKDOWN – “Per valutare lo stato di salute psico-fisica del minore- spiega il primario dell’ospedale Sacco- è stata effettuata una ricerca con questionari ai genitori presso la struttura complessa Uoc Casa Pediatrica, Medicina dell’infanzia ed età evolutiva, del Fatebenefratelli Sacco di Milano. Lo studio ha coinvolto una popolazione pediatrica di 6-17 anni e ha avuto come obiettivo l’analisi delle variazioni comportamentali durante e dopo il lockdown. Ebbene- spiega Bernardo- la variazione maggiore sono stati gli incubi, la solitudine, l’igiene del sonno, di concentrazione, il cambiamento delle abitudini, l’utilizzo dei social. Cambiamenti che ci devono attivare e preoccupare del minore in fase adolescenziale, che se non seguiamo rischiamo di perdere quando avrà raggiunto la maggiore età. Solo con un approccio olistico, interventi personalizzati, modellati sul singolo caso e una concezione multifattoriale del benessere psicofisico, si può intervenire a vari livelli e garantire una maggiore accettazione di sé e delle condizioni di vita. Stiamo lasciando a questi ragazzi debiti economici nel prossimo futuro, non lasciamo loro anche problemi psico-fisici”, conclude lo studioso.
a cura dell’Agenzia Dire