Nel giro di due anni si sono licenziate da quelle che prestavano servizio alla Disabilità dell’ex Ulss 4, un tempo fiore all’occhiello del Veneto. Quasi tutte e chi è rimasto fa i conti con una realtà lavorativa simile a quelle denunciate nei campi , dove i raccoglitori di pomodori probabilmente hanno meno responsabilità e più dignità. Eppure loro si occupano dei più fragili della società: la loro condizione viene denunciata da anni dietro l’indifferenza di chi non muove un dito. Sindaci del territorio compresi.
“Lavoriamo come operatrici della Ulss per garantire assistenza e autonomia agli studenti disabili nelle scuole dell’Alto Vicentino, ma essendo a contratto con cooperative dobbiamo addirittura pagare per lavorare, le ore non sono garantite e se veniamo licenziati perché le cooperative non possono sostenere i costi la mancanza di personale va a discapito del servizio”.
Pare impossibile sentire queste parole nel 2021, nel Veneto della sanità eccellente, dove il grido di aiuto lanciato dagli Operatori dell’integrazione scolastica della Ulss7 Pedemontana è un pugno allo stomaco.
Ma come? Ragazzi disabili, da 0 a 18 anni, nel pieno della loro fragilità e del bisogno di competenza, accuditi nelle ore di scuole da personale che non ha nemmeno uno stipendio garantito e “assunto da cooperative che chiedono soldi ai dipendenti per sanare i propri debiti”?
E’ questa l’eccellenza?
“Siamo un gruppo di operatrici Ulss – hanno scritto le donne che, con molto coraggio, hanno deciso di rendere nota e denunciare pubblicamente una situazione che ormai è diventata insostenibile – Svolgiamo il nostro lavoro a scuola come addette all’autonomia e comunicazione di ragazzi disabili da 0 ai 18 anni. Vogliamo far capire come siamo costrette a lavorare, sottopagate, assunte da cooperative che chiedono soldi ai dipendenti per sanare i propri debiti”.
Figure professionali fondamentali, socialmente utili, che sono a contatto costante con la parte più fragile della società. Sono quelli che devono aiutare i ragazzini disabili a tentare di diventare autonomi. Entrano nelle scuole in punta di piedi e spesso con grandi sforzi riescono ad ottenere la fiducia dello studente a cui si devono dedicare.
“Noi svolgiamo una professione importante, socialmente utile, rappresentiamo una figura fondamentale nei rapporti con gli utenti e le loro famiglie – hanno sottolineato – In ogni scuola in cui prestiamo servizio siamo degli ospiti, collaboriamo lavorando spesso tutto il giorno senza avere diritto alla pausa pranzo. A differenza di altre professioni, non abbiamo mai la certezza di svolgere tutte le ore che ci vengono proposte all’inizio dell’anno scolastico. Infatti, non sempre ci è garantita la possibilità di recuperare le ore perse (tramite sostituzioni) a causa delle assenze degli utenti. Inoltre, frequentemente passiamo da una cooperativa all’altra, per difficoltà delle stesse ad amministrare le proprie risorse economiche. Questa situazione chiaramente si ripercuote sul singolo operatore, in quanto, le cooperative per mantenere il bilancio, talvolta richiedono un aiuto economico a noi lavoratori tramite una decurtazione di stipendio, cifra che si va ad aggiungere alla quota sociale (quota che ogni socio deve versare al momento dell’assunzione). Le conseguenze di tali operazioni sono licenziamenti con conseguente depauperamento dell’organico e perdita della garanzia della qualità offerta. Nonostante tutto, proseguiamo nei nostri intenti nella convinzione di fare il meglio per la tutela dei nostri ragazzi. Non desideriamo che poter svolgere la propria professione senza la costante paura e timore di perdere delle ore lavorative. Confidiamo in una maggiore attenzione nei nostri confronti e del nostro operato. Siamo operatori sociosanitari e dietro a queste professioni ci sono tanti nomi, tante persone che si dedicano con passione e professionalità al proprio lavoro. Siamo operatori che si interfacciano con molteplici figure: psicologi, neuropsichiatri, fisioterapisti, logopedisti, educatori, insegnanti, scuola, distretto, utenti, famiglie e la cooperativa per cui lavoriamo. Questa è la nostra realtà – hanno concluso – Fatta di sacrifici e passione, vogliamo credere che ci sia qualcuno che ci possa aiutare a poter svolgere al meglio la nostra amata professione per il bene dei nostri ragazzi ed anche il nostro”.
A.B.