Nei giorni scorsi a Velo D’Astico e ad Arsiero, dopo che alcuni residenti delle contrade più vicine al Brustolè avevano avvertito alcuni boati provenire proprio dalla zona nord orientale del Priaforà, erano tornati i timori di un riattivarsi della frana.
Timori che qualcosa si stesse ‘risvegliando’ peraltro accresciuti dopo che fatalità nella serata di ieri era circolata la notizia effettivamente confermata di una lieve scossa sismica localizzata proprio a Velo D’Astico.
In molti avevano segnalato la cosa ai rispettivi municipi al punto che tramite il servizio di messaggistica WhatsApp il Comune di Arsiero è intervenuto per rassicurare la popolazione: anche i successivi controlli effettuati con tecnici della Regione hanno in effetti confermato l’immutata situazione rispetto al monitoraggio eseguito dall’Università di Bologna lo scorso autunno.
“Rimaniamo comunque sempre vigili e presenti” – dichiara la presidente del Comitato in difesa del Brustolè Elena Lorenzato – “anche se nel caso specifico rassicuro che si è trattato di un movimento di massi del tutto fisiologico. Qualche distacco capita, e se si tratta di un sasso più grosso, l’effetto eco dato dalla configurazione della valle può spaventare, ma tutto è riconducibile a quanto succede in qualsiasi montagna dove specie con il disgelo qualche distacco accade normalmente”.
La frana di Brustolè è costituita da un movimento franoso in cui sono riconoscibili due porzioni: una superiore rappresentata dalla ‘paleofrana’ di epoca postglaciale, che ha interessato la formazione geologica della ‘dolomia principale’ con un distacco del tipo ribaltamento ed una inferiore ‘storica’ con un movimento del tipo ‘scivolamento traslazione’ di blocchi di roccia dolomitica.
Il primo distacco, nella parte superiore, si taglia tra la fitta copertura boschiva che ricopre tutto il versante del M.te Priaforà delineando un movimento franoso di maggior entità, mentre la scarpata principale della porzione inferiore, proprio per il riattivarsi della frana nel 1966, è meglio evidenziata dalla fessura dalla quale si è verificato il distacco del corpo di frana interamente costituito da blocchi rocciosi compatti e detriti grossolani di varia pezzatura che li inglobano.
“Come diciamo sin dagli inizi dell’attività del Comitato nel 2002” – asserisce Lorenzato – “finchè non viene toccata la parte più bassa, la paleofrana che la sovrasta molto difficilmente si muoverà. E’ un messaggio chiaro e deve valere sopra ogni interesse e speculazione”.
M.Z.