La storia di Corrado è uno squarcio di sole in mezzo alla tempesta che tante famiglie, che vivono la disabilità, hanno affrontato con la pandemia covid.
Scuole chiuse nella prima ondata, riaperte solo per i ragazzi con handicap nella seconda, servizi Ulss azzerati o ridotti per il rischio contagio. E ancora, lo sport, spesso valvola di sfogo per questi ragazzi speciali, è stato letteralmente stoppato, con la difficoltà di madri e padri che hanno dovuto cercare di riempire quei vuoti e spiegare loro perché tutto d’un tratto la loro vita era stata stravolta.
Una fatica immane, specie dinanzi a disabilità psichiche, con l’incomprensione del ragazzo, non in grado di capire perché il suo quotidiano fosse cambiato.
Corrado, 16enne thienese della seconda Acla del Liceo Classico, affetto da una forma grave di autismo, con la pandemia ha compreso il valore dello stare insieme ai compagni e quando si è ritrovato solo nella sua aula, con la sua comunicazione stentata ha cercato di esprimere la sua grande emozione nel rivedere finalmente i compagni.
La sua professoressa di sostegno, Cinzia Casacci, ha intuito che Corrado aveva un mondo da esprimere, che probabilmente teneva compresso da mesi e ha trovato il modo di farglielo tirare fuori. Ha preso un foglio, gli ha dato in mano una penna, e gli ha fatto scrivere una lettera in cui ha, a modo suo, raccontato come ha vissuto la pandemia lontano da quei compagni che tutto d’un tratto sembravano essersi volatilizzati.
“In questi mesi mi siete mancati – ha scritto Corrado ai compagni che lo hanno ascoltato in religioso silenzio giovedì scorso nel primo giorno di rientro in classe – Qualche volta sono stato bene, come quando sono andato a comperare il prosciutto, ma ora sono felice di ritrovarvi, di toccare il cellulare di Ruth. Ditemi che non è uno scherzo e che non andrete più via”.
Se Corrado ha avuto modo di esprimere le proprie emozioni, di comunicare a modo suo quello che ha provato durante l’assenza degli studenti normo dotati del Corradini, è stato grazie al lavoro del pool di insegnanti di sostegno che in questi mesi hanno cercato di non appesantire la situazione, cercando di rendere più normale possibile la vita scolastica dei ragazzi disabili che hanno frequentato il liceo Corradini. Dietro, l’attenzione della preside Marina Maino, che in tema di disabilità, in questi anni, sta mettendo tutto il suo impegno e l’emergenza covid non le ha fatto abbassare la guardia nemmeno per un giorno. E’ stata la prima a leggere quella lettera dalla forma infantile, ma dai contenuti che fanno sussultare il cuore se si pensa che Corrado è affetto da un autismo che gli ha compromesso la capacità di relazione. Lui parla come un bimbo di 3 anni, ha un ritardo mentale medio-grave, ma è riuscito a far capire benissimo quanto gli apparisse strana la scuola vuota in questi mesi. Lo hanno aiutato anche i professori della seconda Acla, che qualche volta lo hanno fatto partecipare alle lezioni online, perchè potesse vedere i volti dei suoi compagni almeno attraverso un monitor. Lo hanno fatto anche le insegnanti delle altre classi, per fare capire a Corrado che a sparire non erano stati solo i suoi compagni.
In una società dove spesso si sente parlare di ragazzini disabili emarginati, non invitati alle feste, allontanati dal gruppo, la storia di Corrado evidenzia tutt’altro. I suoi compagni, nonostante il loro disagio a causa della pandemia che li ha costretti a casa, non si sono mai dimenticati del loro amico speciale. Gli hanno fatto costantemente arrivare video e lettere in cui si rivolgevano con affetto protettivo ma anche straordinaria naturalezza, gli hanno raccontato cosa facessero a casa, i programmi per le vacanze, senza pensare a quello che realmente poteva comprendere, pur di essere presenti nella sua vita con tutti i loro mezzi.
Toccante la scena di giovedì mattina, quando Corrado ha dovuto gestire le sue straripanti emozioni nel ritrovare i compagni: per non rendergli l’impatto troppo forte lo hanno aspettato alla prima ora davanti all’entrata, hanno atteso che lui, bloccato dall’emozione, riuscisse a scendere dall’auto ed affrontare quel momento tanto atteso. Quindi lo hanno accompagnato in classe, dove hanno goduto tutti insieme di quella ritrovata normalità.
di Redazione Altovicentinonline
Se, come afferma Capossela, per ogni cosa c’è il suo momento, il momento di rivedere i compagni è finalmente arrivato!
Come abbiamo vissuto a scuola l’assenza dei ragazzi e dei compagni di classe?
Per alcuni si è trattato semplicemente di tempo sospeso in cui attendere l’arrivo di giorni migliori, con la pazienza di chi sa che la pioggia è sì fastidiosa, ma allo stesso tempo irriga e alimenta semi nascosti. Per altri, invece, questo momento è giunto inaspettato e ha rivelato paure e solitudini, senza la consolazione di un abbraccio ed una pacca sulla spalla.
Abbiamo acceso il computer, trasferendo la nostra vita scolastica davanti ad uno schermo, seduti al tavolo a salutare i compagni dall’altra parte del filo. Abbiamo toccato con mano la sensazione di sentirsi incapaci di dare risposte diverse a domande cambiate in fretta. Quando ricomincerò le lezioni in presenza? Quando potrò sedermi al fianco del mio compagno? Quando torneremo a fare ricreazione insieme?
In questo tempo sospeso lo stare sui banchi di scuola è stato atipico ma ci ha salvati; ci ha concesso di distogliere lo sguardo dalle incertezze e ci ha permesso di attingere a nuove risorse che i nostri ragazzi speciali possiedono in quantità per ovviare al pericolo di sentirsi fagocitati dall’epidemia. La leggerezza che li contraddistingue stavolta ha offuscato i volti preoccupati e, a volte arrabbiati, degli adulti incerti sul da farsi. Il loro agire senza filtri ci ha ricordato che conta ancora essere in pace con noi stessi per non rischiare di restare imprigionati, lontani dal mondo e dalla nostra persona. E allora, ecco la didattica a distanza, i sorrisi, i saluti, le battute che dietro ad uno schermo hanno permesso di far vivere quella “corrispondenza d’amorosi sensi” di foscoliana memoria che tanto ci consola.
I nostri ragazzi speciali hanno continuato le loro attività senza curarsi delle circostanze perché loro, giovani, sanno aggirare talvolta meglio di noi adulti gli ostacoli messi davanti dalla paura di una pandemia che ci obbliga a nuovi comportamenti. E così, tra un esercizio di matematica semplificato ed il ripasso per una interrogazione, ci siamo accorti che anche noi insegnanti abbiamo ancora molto da imparare dai ragazzi che saggiamente ci ricordano che l’età fa numero ma non ci rende automaticamente adulti e che grandi si diventa davvero quando permettiamo ai più giovani di insegnarci ancora qualcosa.
I nostri ragazzi speciali ci hanno ancora una volta fatto capire, come se ci fosse davvero bisogno di ribadirlo, che la Scuola, non è solo una questione di edifici, strutture, banchi o sedie a rotelle, ma anche di docenti, contatti e relazioni. E’ il prendersi cura l’uno dell’altro, l’accorgersi che l’altro è lì per te e che insieme si può costruire un modo migliore perché più inclusivo. Ci aiutano a comprendere che la diversità è dentro ad ognuno di noi, che tutti siamo unici e speciali e che anche nella disabilità i tuoi compagni di viaggio possono fare davvero la differenza.
Cinzia Casacci