Dopo la pasta “Molisana” balzata agli onori delle cronache nazionali per quei nomi un po’ troppo “evocativi”, ci ha pensato Elena Donazzan a spiazzare i pur smaliziati conduttori della nota trasmissione radiofonica “La Zanzara” e messa provocatoriamente di fronte alla scelta di dover cantare “Bella Ciao” o “Faccetta Nera” non ha esitato a intonare quest’ultimo accennando qualche capoverso in diretta: “Me l’ha insegnata da bambina zio Costantino, era un militare fascista, meraviglioso e io lo amo. Senza dubbio il brano è meglio di Bella Ciao” – ha dichiarato l’Assessore all’Istruzione del Veneto tra lo stupore di Cruciani e il disappunto di Parenzo che evidentemente alterato le ricordava invece come la sua famiglia di origine ebrea per gente come lo ‘zio’ avesse dovuto rifugiarsi in Svizzera.
Ad accompagnare l’esibizione canora anche alcune affermazioni sulla bontà dell’operato di Mussolini che la nota politica vicentina – iscritta a Fratelli d’Italia e impegnata per la terza volta nella giunta guidata da Zaia – ha esternato senza troppi giri di parole.
Inevitabili e numerose le repliche contro Donazzan da vari esponenti del centro sinistra veneto e non solo, primi tra questi i rappresentanti del coordinamento di «Il Veneto che vogliamo», lista civica che ha appoggiato il candidato presidente Arturo Lorenzoni alle ultime regionali di settembre.
Duro il commento di Carlo Cunegato, consigliere comunale scledense e attivista particolarmente attento alle tematiche sociali: “Quando il conduttore Cruciani le ha chiesto di scegliere tra “Bella Ciao” e “Faccetta nera” l’assessore non ci ha pensato due volte. Ha scelto una canzone che rappresenta la tirannide e il totalitarismo, invece di scegliere la canzone che rappresenta la liberazione dal giogo del nazifascismo. Se solo un assessore di un Land tedesco avesse provato a cantare una canzone nazista in diretta radiofonica, sicuramente si sarebbe dovuto dimettere. Questo clima di intollerabile revisionismo, che ha ormai sdoganato il fascismo manifesto di una figura istituzionale è il simbolo di una regressione culturale e civile. I veneti non meritano di essere rappresentati in questo modo. Chi dovrebbe occuparsi dell’educazione dei nostri giovani ha il dovere di difendere i valori della democrazia, la ricchezza delle differenze, il pluralismo, invece di ammiccare con nostalgia a un regime che ha abolito la democrazia e i partiti, i sindacati e che ha approvato le leggi razziali. La regia di chi dovrebbe orientare le scelte educative e pedagogiche dei nostri ragazzi non può più essere nelle mani di chi ha dubbi o tentennamenti nel condannare il regime fascista”.