Fari puntati sulla medicina territoriale in Alto Vicentino ed in tutta la Regione, grazie al Coordinamento Veneto per la Sanità Pubblica che si è rivolto direttamente all’assessore regionale Manuela Lanzarin per sapere se l’apparato territoriale è o no in grado di far fronte alla seconda ondata della pandemia da covid-19.
“Già con la prima ondata si era evidenziata l’importanza strategica degli interventi di diagnosi, di tracciamento, di cure domiciliari capaci di contenere i contagi e non sovraccaricare gli ospedali – spiegano dal coordinamento – In questo momento, in cui si stanno già riaprendo gli ospedali Covid, con le gravi conseguenze per la cura delle altre patologie acute e croniche, è fondamentale sapere se possiamo contare su un territorio attrezzato. Se finora il sistema sanitario ha retto, è stato per il senso del dovere degli operatori sanitari, ma questo adesso non può bastare a reggere una seconda ondata”.
Sarà Manuela Lanzarin, titolare dell’assessorato Sanità e Sociale, a dover rispondere alla lettera.
“Da molti mesi CoVeSaP sta monitorando i vari interventi nazionali e regionali messi in atto per fronteggiare questa tremenda pandemia che sta devastando persone, società, economia – sottolineano dal Coordinamento – Constatiamo che, nonostante la devastazione del coronavirus, se il sistema sanitario ancora regge, dopo che sono usciti, non sostituiti, migliaia tra medici e altri operatori sanitari (con un conseguente depauperamento del monte orario del personale, oltre che una diminuzione del perimetro dell’offerta assistenziale pubblica), se il fondamentale diritto alla salute è ancora esigibile, senza carta di credito, è solo perché chi è rimasto in corsia e nel territorio continua a dar prova di grande senso del dovere. Questi operatori, nonostante le decine di perdite dovute al Covid-19, restano in prima linea tutti i giorni e tutte le notti, a far fronte ad una domanda crescente e complessa, con risorse decrescenti, esposti alla delegittimazione sociale ed a rischi sempre meno sostenibili. Ma per quanto tempo questo può continuare, senza che il SSN venga messo in sicurezza con gli appropriati interventi? Abbiamo posto molte speranze nel decreto Rilancio del 19 maggio scorso in cui si metteva mano al borsellino per finanziare il potenziamento dei servizi socio-sanitari territoriali, l’assistenza domiciliare infermieristica ed integrata, l’implementazione di personale, l’attivazione delle Unità Speciali di Continuità Assistenziali (USCA) e delle Centrali Operative Territoriali (COT), l’assunzione degli Infermieri di famiglia. Visto che con la ripresa della pandemia le strutture sanitarie tornano a mostrare le consuete difficoltà chiediamo quante Usca sono state attivate rispetto alle 97 programmate con il coinvolgimento di 619 medici sul territorio? Quanti infermieri di famiglia sono stati assunti rispetto ai 441 previsti per una spesa di 13,6 milioni di euro? Come sono stati investiti i 100 milioni di euro dati dal Governo centrale con il decreto Rilancio? Quanto personale è stato assunto da marzo scorso per un preventivo di spesa di 29,8 milioni di euro? Quanti corsi di formazione sono stati attivati per il personale impegnato nei reparti Covid-19? Il piano è stato attuato in maniera omogenea nel territorio veneto? Possiamo conoscerne la distribuzione per ogni Ulss?”
di Redazione Altovicentinonline