Aumentano i casi di covid ed il timore è che la Sanità italiana subisca uno scossone e che i casi non-covid paghino lo scotto più grosso. E per i pazienti che soffrono di altre patologie ora ci si chiede che fine abbiano fatto i piani regionali per smaltire le liste di attesa. Piani che, secondo la legge 29 del ‘decreto agosto’ sarebbro stati finanziati con 500 milioni euro dal governo a patto che le Regioni presentassero un Piano al Ministero della Salute e un Piano Operativo Regionale al Mef.
La scadenza era metà settembre e non si sa quante Regioni abbiano provveduto e c’è il rischio che, a mancare all’appello, siano molte realtà locali.
Ad accendere i fari sul problema è la conoscenza della trama di un film già visto, con ricoveri diminuiti drasticamente per lasciare spazio ai pazienti covid, la diminuzione della specialistica ambulatoriale e 1,4 milioni di screening oncologici in meno.
Della seconda ondata si era a conoscenza da tempo, già mentre era in corso la prima, con specialisti che avevano annunciato per ottobre un ritorno del virus dopo un ridimensionamento notevole dei casi durante l’estate.
E tutti si aspettavano che la Sanità si organizzasse di conseguenza, con reparti e personale covid e reparti e personale per la Sanità ‘ordinaria’.
“E invece ci risiamo con la differenza che questa volta alle difficoltà attuali di accesso, dovute all’ondata in atto, si andranno a sommare anche le prestazioni sospese in primavera e non ancora recuperate – come annuncia Tonino Aceti, portavoce FNOPI (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche) – Ma ora che il problema si sta riproponendo, la domanda obbligatoria da porre subito a tutti quelli che, ai diversi livelli, hanno una responsabilità di governo del Servizio Sanitario Nazionale è: tutte le prestazioni sospese e rinviate durante il lockdown alla fine, almeno queste, sono state recuperate? Le risorse stanziate dal governo sono state utilizzate da tutte le Regioni?”
I 500 milioni prevedevano il recupero delle prestazioni non erogate e l’abbattimento delle liste di attesa, puntando molto su specifiche misure per il personale sanitario come ad esempio il ricorso alle prestazioni aggiuntive e il reclutamento di ulteriore personale.
“I piani Operativi regionali avrebbero dovuto essere inviati ai Ministeri competenti entro e non oltre metà settembre, praticamente circa un mese e mezzo fa – ha commentato Aceti – A che punto siamo? Quante sono le Regioni che hanno provveduto? Tutte domande sulle quali, vista la situazione che stiamo vivendo, c’è bisogno del massimo livello di trasparenza. Domande che dovrebbero ottenere subito una risposta puntuale e pubblica, anche perché, da alcuni approfondimenti svolti, il rischio è che a mancare all’appello possano essere molteplici Regioni, più di quante non dovrebbero essere. Del resto, anche da questo dipende la qualità e la trasparenza dell’azione di governo del SSN: stanziare le risorse è fondamentale ed è un pezzo importante del ragionamento, ma altrettanto fondamentale è spenderle nei tempi e nei modi giusti, quelli prescritti dalla norma, e darne conto pubblicamente. In caso contrario si rischia di vanificare lo sforzo sostenuto per lo stanziamento di risorse, e soprattutto, cosa più importante, di farne pagare il prezzo ancora una volta ai pazienti. Il SSN non può permettersi più un nuovo lockdown dei servizi sanitari per i pazienti non Covid-19, soprattutto quelli in condizione di fragilità. Loro non possono aspettare che passi il Covid-19”.
di Redazione Altovicentinonline