Malato oncologico con l’aggravante di fare l’imprenditore, così lo stato discrimina chi rischia in proprio.
La storia che racconta un imprenditore di 46 anni, scledense, ha del paradossale, frutto di quella che viene chiamata burocrazia ma che nella realtà si traduce in mancanza di buonsenso.
A ‘vuotare il sacco’ è Vivian che con grande orgoglio esordisce: ‘Sono uno che ha rispettato sempre i suoi impegni nei confronti dello Stato’.
Partiamo dall’inizio, di cosa si occupa?
Dal 2010 sono socio di un’agenzia pubblicitaria che mi permette di mantenere una famiglia di 4 persone e dar lavoro a collaboratori e fornitori contribuendo, nel mio piccolo, a far andare avanti questo Paese, rischiando di mio e contando solo sulle forze e capacità mie e della mia Socia, come d’altronde molti altri imprenditori come me.
Improvvisamente qualcosa cambia, cosa è accaduto?
Nel 2017, come un fulmine a ciel sereno nel primo giorno di primavera, grazie ad una donazione di sangue, mi viene diagnosticata una leucemia linfoblastica acuta che mi porta a rimanere assente dal lavoro un intero anno tra ospedale e post-ricovero a cui si sono aggiunti altri 18 mesi di terapie casalinghe con day hospital mensili.
Un periodo complicato, sia dal punto di vista famigliare che lavorativo. Non esiste l’assenza retribuita per malattia per un imprenditore. Ha avuto qualche supporto dallo stato?
Viste le ridotte capacità produttive, ovviamente, causate dalle terapie, l’Inps mi ha riconosciuto una pensione mensile di invalidità temporanea di circa 450 euro che, lo scorso mese di aprile, ha cessato di elargirmi perché, fortunatamente, non ne ho più bisogno. Inutile sottolineare che la pensione di invalidità civile, non è un aiuto economico, ma un diritto di chi ha versato, nel mio caso per più di 20 anni, i cosiddetti contributi .
Fortunatamente, come dice lei, della pensione civile temporanea non ne ha più bisogno ed è qui che si presenta la situazione paradossale. Cos’è accaduto?
A marzo è arrivato il Coronavirus e anche la mia impresa, come la maggior parte delle imprese, ha subito un danno causato da una forte diminuzione di fatturato nei mesi di marzo e aprile.
Come tutti gli autonomi, sia io che la mia socia, abbiamo fatto richiesta del bonus di 600 euro.
Ad inizio aprile il bonus arriva sul conto della mia socia, ma nel mio nemmeno l’ombra perché la mia domanda è stata rifiutata.
Il motivo di questo rifiuto?
Risulto “titolare di pensione diretta/ape sociale/assegno ordinario di invalidità (vedi paragrafo 7 della circolare INPS 49 del 2020)” e che tra l’altro da aprile non percepisco più. (cosa nota all’INPS n.d.r.)
Qual è il suo pensiero alla luce di questa situazione che possiamo dirlo a veramente del surreale?
Nella mia situazione, si trovano decine di migliaia di altri imprenditori che, oltre a ritrovarsi a combattere per la vita e per mantenere viva la propria azienda, si vedono rifiutata una richiesta di aiuto da parte dello Stato che, si sa, ha elargito aiuti anche a chi percepisce già un reddito di cittadinanza, non una pensione di invalidità, ma un reddito di cittadinanza o a lavoratori in nero.
Mi chiedo come possa uno Stato, che per mezzo del suo Presidente del Consiglio, in tutti questi mesi ha sempre sbandierato aiuti definiti “potenza di fuoco”, parlando di cittadini che non verranno mai lasciati soli.
Ecco, questo è lo Stato italiano, lo Stato in cui vivo, uno Stato i cui fatti non corrispondono alle promesse; da noi si dice “bravi a ciàcole”. Uno Stato per cui un cittadino sano vale una spesa di 40 milioni e decine di migliaia di altri cittadini ammalati non valgono 600 euro.
Non si può non rimanere colpiti da questa esperienza. Pensare che sia una colpa aver dovuto affrontare un percorso di cure oncologiche è un atto discriminatorio indipendentemente da chi lo subisce.
Andrea Nardello