Via libera definitivo della commissione Affari sociali della Camera, in sede legislativa, alla legge in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica. Dopo l’ok del Senato, dunque, arriva la definitiva, e unanime, approvazione alla iniziativa del sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri (M5S).
Si tratta di un provvedimento voluto per migliorare la formazione dei giovani medici, che prevede la possibilità per i cittadini di donare, a strutture sanitarie preposte, il proprio corpo dopo la morte. Questo permetterà sostanzialmente di regolamentare la dissezione dei cadaveri a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica, pratica indispensabile per tutta la medicina e soprattutto per l’esercizio della chirurgia.
“Per gli studenti di medicina e chirurgia – è stato detto a motivo del provvedimento – è molto importante fare pratica di dissezione sul corpo umano ai fini di un corretto apprendimento dell’anatomia della specie umana, così come lo è anche per i medici in formazione specialistica, prevalentemente nelle branche chirurgiche”.
Ma al di là della valenza della scelta di donare il proprio corpo alla Scienza, va detto che questa rimane una decisione delicatissima che certamente consta di ragioni psicologiche, emotive, affettive, e coinvolge profondamente l’universo culturale e simbolico di ognuno di noi. Se ne parla da anni e nel merito si era già espresso il Comitato nazionale per la bioetica, che aveva sostenuto: “La donazione del corpo post mortem si ispira a un principio di solidarietà verso gli altri, perseguita nel caso specifico attraverso la promozione dello studio e della ricerca e indirettamente la tutela della salute, ma deve essere espressione di una libera e consapevole decisione del soggetto”.
Questioni etiche, dunque, necessarie a conciliare esigenze scientifiche e didattiche e rispetto del cadavere che, seppure non più persona, rimane comunque espressione simbolica e affettiva di chi è stato, e non va tralasciato il legame con persone con cui si è relazionato in vita. Ecco che risulta dover essere quanto mai ponderata la scelta di chi destina il proprio corpo, una volta morto, ad uso scientifico.
Alla base dell’approvazione “garantire una più efficace tutela della salute” – secondo gli artt. 9 e 32 della Costituzione – la logica non è quella del primato della collettività sul singolo, né quella della reificazione del corpo, ma quella della donazione consapevole.
La donazione del proprio corpo per lo studio e la ricerca non esclude la donazione degli organi finalizzata al trapianto; questa seconda forma di donazione, pur avendo ovviamente la precedenza, non è quindi di impedimento alla prima.
P.V.