“La produzione del falso cibo italiano è aumentata al 70% in 10 anni e vale 100 miliardi di euro”. Lo comunica Coldiretti Vicenza, con il presidente Martino Cerantola che denuncia un mercato che soffre di infiltrazioni irregolari e di “agropirateria”, fenomeni che “non solo rubano mercato e posti di lavoro a tutta la filiera agroalimentare italiana, ma ingannano i consumatori di tutto il mondo”.
Secondo Cerantola “Le esportazioni di prodotti agroalimentari tricolori potrebbero triplicare se venisse posto uno stop alla contraffazione alimentare internazionale, sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi, i salumi più prestigiosi, ma anche gli extravergini di oliva e le conserve. Mettendo le mani sull’agroalimentare in territori dove l’agricoltura è il settore economico centrale, la malavita si infiltra in modo capillare nella società civile, condizionando la vita quotidiana delle persone e affermando il proprio controllo sul territorio”.
Coldiretti ha coniato il neologismo “agropirateria” per descrivere il panorama criminale. “Il fenomeno criminale si sviluppa attraverso la vendita, le importazioni, la manipolazione e la trasformazione di prodotti agricoli di dubbia qualità e provenienza, che giungono nel nostro Paese e diventano ‘made in Italy’, fregiandosi in modo fraudolento dell’immagine che accompagna, nel mondo, le produzioni del nostro territorio”.
Secondo Gian Carlo Caselli, procuratore della repubblica, membro del consiglio direttivo Eurispes e presidente del comitato scientifico Osservatorio Agromafie, “La legalità conviene sempre, non è un fastidio avere delle regole, non è un optional e questo vale anche per l’intera filiera dell’agroalimentare. Il made in Italy tira, vale 340 miliardi di euro, con 2,5 milioni di persone impiegate al suo interno, ed è il migliore ambasciatore del nostro Paese all’estero. Ma questi numeri attirano anche fenomeni mafiosi, come appunto l’agromafia, una mafia cioè sempre più liquida, capace di inserirsi dovunque, dal campo agli scaffali fino alla distribuzione. Per questo occorre affiancare le norme sulla legalità e sui corretti rapporti di lavoro, anche attraverso una nuova trattativa sul rinnovo dei contratti di lavoro provinciali, all’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari. Lo scenario evolutivo delle agromafie – ha concluso Caselli – è drammaticamente dilagante. Vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti, ora anche sul web, che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma anche con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto”.
“E da notare che si opera non tanto nel settore della merce, ma in quello del cibo, cioè della tutela
“Nel sistema regionale, fatto di eccellenze e di prodotti d’eccellenza, sono fondamentali garanzia, valorizzazione e tutela del prodotto. Se non c’è tutela – ha sottolinea Alberto Zannol, direttore della Direzione Agroambiente della Regione Veneto – si disperdono gli investimenti fatti sulla valorizzazione. Quanto all’agromafia, invece, occorre ricordare che la Regione Veneto è impegnata nel contrasto del lavoro nero, assieme ad altri soggetti istituzionali preposti. Non dobbiamo dimenticare, poi, che ogni imprenditore è responsabile di ciò che fa, anche rispetto al sistema produttivo veneto”.
di Redazione Altovicentinonline