“Il 9 ottobre è una data, divenuta un monumento morale contro il più incauto e incosciente sfruttamento della natura da parte dell’interesse dell’uomo. È una ferita atroce e mai rimarginata nel cuore di molti nostri corregionali. È un monito affinché la politica sia buon governo, capacità di prevenire e intervenire creando condizioni di sicurezza e sia strumento essenziale per dare sempre garanzie di giustizia”.
Questo il pensiero del Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia in occasione del cinquantaseiesimo anniversario della mai dimenticata tragedia del Vajont, che con il crollo di una porzione del Monte Toc nell’invaso a monte di Longarone (Belluno) cancellò drammaticamente sotto un’onda di fango gli abitati e causò la morte di quasi duemila persone.
“Non possiamo dimenticare quegli uomini e quelle donne che in pochi minuti persero la vita. E, con loro, tutti quelli che dopo la tragedia vissero nel dolore per i lutti, la perdita di affetti e di beni, magari trovando anche incomprensione e difficoltà nella legittima richiesta di giustizia – prosegue il Governatore -. Una richiesta che non ha mai trovato una risposta definitiva, aggiungendo rabbia e frustrazione in tante persone già così duramente segnate. Penso che una visita al Cimitero di Fortogna, almeno una volta, possa essere per noi amministratori non solo un atto di omaggio ma anche una forte spinta a riflettere su quale deve essere l’impegno responsabile verso i cittadini e il territorio”.
“Ancora una volta sentiamo di essere in linea con gli Alpini – prosegue Zaia – ed in particolare con un loro slogan: ‘ricordare i morti, aiutando i vivi’. Tragedie come il Vajont sono state per il Veneto una lezione per acquisire una nuova cultura della prevenzione. La stessa tempesta Vaia che drammaticamente ha devastato le nostre valli dolomitiche ormai un anno fa, con la sua forza distruttrice senza precedenti, poteva aver esiti ancora più disastrosi in assenza delle opere di difesa e tutela che abbiamo portato a termine negli ultimi dieci anni e continuiamo a varare sistematicamente”.
“Oggi l’attenzione verso l’emergenza idrogeologica e la sensibilità per l’ambiente, a cominciare dall’evoluzione climatica, sono costante motivo di impegno e confronto – conclude il Presidente -. Ma la tragedia del Vajont, oltre a violare irreversibilmente la pacifica esistenza di una comunità, colse una società impreparata. Le operazioni di soccorso furono affidate ai militari e agli altri corpi dello stato che, però, col passare dei giorni trovarono al loro fianco centinaia di cittadini accorsi spontaneamente in quel mare di fango e tristezza. Forse in quell’esperienza c’è, se non l’embrione, sicuramente il grande precedente della protezione civile veneta. Oggi, una fantastica realtà solidale di migliaia di volontari in centinaia di gruppi operativi che pochi altri possono vantare. Veneti e Venete che non sanno cos’è l’indifferenza, volontari ma adeguatamente professionali. Gente che sa guardare e operare oltre le condoglianze e le lacrime di circostanza. Forse il miglior omaggio alle vittime di cinquantasei anni fa”.
Per non dimenticare