La Suprema Corte di Cassazione statuisce che in caso di affidamento condiviso la bigenitorialità è un elemento essenziale che non può essere compromesso dal giudice senza una adeguata motivazione! Nel caso di specie la Corte ha accolto, cassando con rinvio, il ricorso di un padre avverso il provvedimento della Corte di Appello di Messina che limitava a due fine settimana al mese, alterni, il diritto al pernotto dello stesso con la figlia di due anni. La legge nulla dispone in ordine all’età minima del minore rispetto alla possibilità di pernottare con il genitore non collocatario, lasciando alla pura discrezionalità del giudice le valutazioni del caso. L’odierno orientamento della psicologia dell’età evolutiva parrebbe suggerire ai giudicanti che preferibilmente il pernotto del minore dovrebbe avvenire dopo il compimento del terzo anno di età e comunque con un percorso molto graduale capace di assicurare un consolidamento del legame fra genitore e figlio. In tal senso le pronunzie della stragrande maggioranza dei Tribunali. A titolo esemplificativo, il Tribunale di Roma nel NON lontano 2011, con sent. del 14.06, forniva una serie di indicazioni nel caso vi fosse stato contrasto tra i genitori sulla questione del pernotto di minori di tenera età, suggerendo che il pernotto presso la casa paterna dovesse avvenire con gradualità a partire dai tre anni; la frequentazione con il padre dovesse intensificarsi dopo il compimento da parte del minore dei tre anni e sei mesi di vita, con graduale ampliamento della frequentazione dopo tale età – sottolineando la necessità di attendere un “progresso” delle capacità paterne di accudimento del minore –. Mal si comprende una logica di tal guisa laddove il minore, fino ad un attimo prima della separazione dei genitori, aveva un rapporto paritario con entrambi. L’obsoleto concetto della mera capacità delle madri di accudire i figli andrebbe superato andando di pari passo con l’evoluzione della società. Oggi le madri lavorano, spesso con orari più stringenti di quelli dei padri. I papà, quelli che si prendono cura della prole, sono perfettamente in grado di cambiare un pannolino piuttosto che di effettuare una doccia nasale o preparare una pappa. Un limite fisiologico si pone nel periodo dell’allattamento, ma laddove il minore abbia superato la fase dello svezzamento non si comprende quale possa essere la limitazione alla frequentazione od al pernotto con il padre. Ci si pone una domanda: se in capo al minore nasce un autonomo diritto, dunque un diritto soggettivo, ad essere accudito in prevalenza dalla madre in quanto il padre non è ritenuto “per natura” in grado di farlo allo stesso modo…allora gli orfani di madre in tenera età andrebbero tolti al padre superstite ed affidati ad una coppia bigenitoriale??? Se tanto mi da tanto! In seguito alla pronuncia del 2011 del Tribunale di Roma, la Suprema Corte (sent. n. 19594/11) ha nuovamente analizzato la questione, ritenendo più opportuno ridurre ad una sola notte a settimana il pernotto del minore con il papà, almeno fino al compimento dei quattro anni di età del bambino. Dunque una pronunia che indirettamente dichiarano, rebus sic stantibus, l’incapacità del padre di ottemperare a tutte le necessità emotive-ludico-organizzative-sanitarie del minore, di cui verosimilmente si era normalmente occupato fino a prima della separazione dalla madre…ergo l’incapacità dell’uomo di prendersi cura del figlio non può essere presunta ma va dimostrata caso per caso. D’altronde la L. 154 del 2013 ha chiaramente normato il principio ed il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, art 337 ter co. 1 c.c., e continua al co. 2 stabilendo che il giudice adotti “i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e di essa”. Dunque l’esigenza di evitare la frammentazione della relazione del minore con uno dei due genitori assume rilevanza incondizionata e può essere superata solo laddove siano provate situazioni di assoluta incompatibilità in ordine alla sussistenza di un rapporto costante con il genitore non collocatario- solitamente il padre – . L’unica strada per assicurare il completo rispetto del principio di bigenitorialità è valorizzare il rapporto fra genitore e figlio, al di là di ogni suddivisione calendaristica! Escludere il padre non pone certo le basi per un adeguato sviluppo emotivo ed affettivo del minore; il padre rappresenta la sicurezza, la protezione, l’autorità ed il rispetto delle regole.
Tali principi sono stati più volte ribaditi anche dalle norme internazionali: il Best Interest of Child proclamato dalla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo ed ancora ribaditi dalla CEDU allorquando all’art. 8 statuisce che “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e FAMILIARE…”. Il minore ha in capo a sé un autonomo diritto a pernottare con il padre; ha diritto ad ascoltare da lui una favola prima di dormire, ha diritto di essere ascoltato nelle sue prime parole, ha diritto ad addormentarsi con l’odore del suo papà e nel suo abbraccio…e lo stesso vale per il padre. Negli ultimi tempi diversi Tribunali hanno accolto questo orientamento, consentendo il pernotto presso il padre a favore di minori in tenera età. Vedasi la Corte di Appello di Catania, decreto del 16/10/2013 la quale ha statuto che limitare, con un provvedimento che escluda il pernottamento, la possibilità di padre e figlio di condividere la quotidianità, significa rendere la loro relazione qualcosa di diverso da una relazione familiare (che anche la norma internazionale tutela); il Tribunale Di Milano, decreto del 14/01/ 2015, il quale ha affermato che “la genitorialità si apprende facendo i genitori” e dunque concedendo al padre il pernotto con la figlia di soli due anni a week end alterni; il provvedimento del Tribunale di Roma dell’11/03/2016 che ha riconosciuto il diritto del padre a pernottare con la figlia nonostante la stessa avesse soli 16 mesi; il Tribunale di Avellino, decreto 1487 del 5/06/2018, con il quale il giudicante ha autorizzato il pernotto una volta al mese con il padre fino ai tre anni per poi passare al pernotto a week end alterni a far data dal compimento del terzo anno di vita. Ed ancora il Tribunale di Brindisi che, nel 2017, ha approvato le Linee guida della sezione famiglia collegandosi alla risoluzione del Consiglio d’Europa del 2015 la quale invitava gli stati membri a garantire l’effettiva uguaglianza tra genitori nei confronti dei propri figli facendo rilevare che il “modello realmente bi genitoriale tutela il superiore interesse del minore e trova fondamento in oltre ottanta ricerche effettuate con metodo longitudinale analizzando centinaia di casi. Tali studi hanno ampliamente evidenziato i danni prodotti sui minori che frequentano uno dei due genitori per un tempo inferiore ad un terzo del tempo totale. Le linee guida riportano inoltre un interessante studio del 2017 svolto in Svezia, che dimostra che i figli di genitori separati allevati in regime paritetico non accusano disagi maggiori dei figli di genitori non separati, a differenza di quanti crescono in regime di affidamento esclusivo. Uno dei punti focali delle dette linee guida, riporta: “Non dovrà più esserci il genitore “accudente” ed il genitore “ludico” del tempo libero, ma la frequentazione genitori-figli dovrà essere finalizzata alla partecipazione attiva alla quotidianità dei figli, ai quali deve essere garantita pari opportunità di frequentazione di entrambi i genitori. Il tutto non vorrà dire certamente spaccare al secondo i tempi di frequentazione del singolo genitore, ma significherà garantire alla prole una presenza equilibrata dei loro genitori nella loro vita quotidiana”.
E se un bambino a domanda potesse rispondere…
- “Dormi con mamma… o con papà?”
- “Loro hanno deciso di non dormire più insieme, io NO!”
Avv. Katia Solomita
Resp. Territoriale AMI Avellino