“No senza margini di ripensamento all’introduzione in Veneto di un’addizionale Irpef per la sanità; sì a ogni azione che favorisca il reperimento di medici, la cui carenza è un problema nazionale, ma che come Regione stiamo comunque affrontando con i mezzi possibili; sì alla sottoscrizione di un nuovo Patto Nazionale per la Salute per il quale siamo pronti a sedere al tavolo con il Governo; sì a ogni intervento possibile per rafforzare le risposte alla non autosufficienza, che è la grande sfida del futuro per il welfare non solo veneto, ma nazionale”.
Lo ha detto, nell’ambito di un intervento particolarmente articolato, l’Assessore alla Sanità e Sociale della Regione Veneto, intervenuta a Mestre a un confronto dal titolo “Per il Diritto Universale alla Salute e all’Assistenza”, organizzato dalla Cgil, che ha visto la partecipazione, con la Lanzarin, del Segretario generale della Cgil Veneto, Christian Ferrari, di quello della Uil Veneto, Gerardo Colamarco, di Anna Orsini della segreteria della Cisl Veneto e dei Consiglieri regionali di opposizione Stefano Fracasso e Manuel Brusco.
“Il Veneto – ha aggiunto la Lanzarin – è da sempre per l’assistenza su base universalistica, e non a caso siamo una delle poche Regioni capaci di erogare il 100% dei livelli Essenziali di Assistenza nazionali che ne sono il fondamento. Il sistema deve rimanere universale, ma non lo decide una singola Regione: devono esserci una serie di interventi di carattere nazionale dove alcune cose si stanno muovendo dopo anni di politiche di soli tagli trasversali. Siamo pronti a sederci al tavolo con il Governo per il nuovo Patto Nazionale per la Salute, ma dovremo concordare regole chiare e soprattutto la loro applicazione certa, perché con il precedente Patto non è stato così. Ci aspettiamo, tra l’altro, un incremento di risorse di circa 4 miliardi in tre anni. C’è poi la questione nazionale della carenza di medici, che si tende erroneamente a porre in capo alla Regione, mentre è una crisi di tutto il Paese, come dimostra l’autorizzazione concessa al Molise di richiamare in servizio medici pensionati, che nasce da una programmazione sbagliata, a partire dal numero chiuso a medicina, per arrivare alla carenza delle borse di specialità. In attesa che qualcosa si muova – ha tenuto a evidenziare l’Assessore – ci stiamo attrezzando comunque come Regione, con il sì all’ingresso negli ospedali degli specializzandi all’ultimo o penultimo anno, con la possibilità di utilizzare sanitari in pensione, con la ricerca di convenzioni con Università estere per portare qui giovani medici ben preparati anche se non italiani, con un approccio favorevole a introdurre degli incentivi economici per i medici che accettino di andare a lavorare nelle cosiddette aree disagiate. Lo ripeto e non vorrei che sulla questione si strumentalizzasse: tutte le Regioni sono in croce. Noi stiamo cercando soluzioni, per quello che ci consentono le nostre risorse e competenze. Il discorso cambierà radicalmente, ma occorre l’autonomia”.
Rispetto al nuovo Piano Socio Sanitario Regionale 2019-2023, la Lanzarin ha precisato alcuni aspetti a suo parere fondamentali: “una visione nuova sulla non autosufficienza con una diversa programmazione strutturale che metta insieme tutte le offerte sul campo in una visione complessiva: la valorizzazione della base distrettuale come punto di snodo tra ospedale e territorio, con al centro i 26 Distretti sui quali crediamo molto; l’alta specializzazione della rete ospedaliera; lo sviluppo delle strutture di ricovero intermedie, con 1950 posti letto e con la scelta strategica di posizionarne molte all’interno degli ospedali per affrontare nel luogo ideale le situazioni a più marcata caratteristica sanitaria; l’attenzione alla medicina di base, per la quale si prevedono forme di rafforzamento anche se diverse dalle Medicine di Gruppo integrate, bloccate dal Mef a dalla Corte dei Conti per i costi”.
L’Assessore ha infine annunciato che “a breve arriverà un nuovo testo sulla riforma delle Ipab sul quale aprire il confronto con tutte le parti interessate”.