L’Aula del Senato ha dato il via libera (con 163 si’, 68 no e 2 astenuti) alla manovra, che ora dovrà’ tornare alla Camera dei Deputati per l’approvazione definitiva.
Ma non è filato tutto liscio al Senato, tra modifiche pomeridiane al testo del maxi-emendamento approvato nella notte e le opposizioni che lamentano l’esautorazione del potere legislativo.
Il governo già nella mattinata di ieri aveva posto la fiducia, ma a sorpresa, nel pomeriggio, dopo la sospensione dei lavori, i senatori si sono accorti che il testo era stato modificato. “Quisquilie”- aveva minimizzato la maggioranza- “piccoli ritocchi” che nulla toglievano alla originalità dell’emendamento.
“Buffoni, dateci il testo” – hanno urlato le opposizioni. Quindi seduta sospesa, abbandono del Pd e di Forza Italia che non hanno partecipato al voto in Commissione.
Cosa prevede la manovra
Il testo finale conferma alcune delle misure principali ma apporta anche delle novità. Eccole.
Il taglio al fondo per gli investimenti passa dagli iniziali 9 miliardi in tre anni a 3,6 miliardi. Per il 2019 il fondo scende a 740 milioni di euro (contro i 2.750 precedenti; nel 2020 a 1.260 milioni (da 3.000 milioni); nel 2021 a 1.600 (da 3.300). Il governo assicura però che non ci sarà alcun “taglio agli investimenti.
Nel passaggio al Senato, le risorse destinate nel prossimo triennio agli investimenti restano invariate, per un valore complessivo di circa 15 miliardi”.
Confermato il blocco delle assunzioni fino al 15 novembre 2019 per la Presidenza del Consiglio, i ministeri, gli enti pubblici non economici e le agenzie fiscali, mentre per le università è posticipato al primo dicembre, con l’eccezione dei ricercatori a contratto che potranno essere assunti come professori nel corso del 2019.
Saltano dal testo le norme sugli Ncc ma il governo ha varato un decreto ad hoc per affrontare la crisi del settore che introduce una nuova regolamentazione.
La nuova versione della manovra ha suscitato i dubbi dell’Ufficio parlamentare di bilancio: la nuova stima di crescita del Pil all’1% per il 2019 (a fronte dell’1,5% precedente) è ora “plausibile, pur presentando non trascurabili rischi di revisione al ribasso”. E i rischi “risultano amplificati se si considerano le previsioni per il 2020 e 2021”.
L’Upb mette in guardia anche sui saldi: senza gli aumenti dell’Iva previsti nelle nuove clausole di salvaguardia, il deficit italiano nel 2020 e nel 2021 arriverà alla soglia limite del 3% “con evidenti rischi sulla sostenibilità futura della finanza pubblica”.