“Non ho mai incontrato un lupo di montagna, ma riconosco i ‘lupi’ politici della propaganda. La Regione ha gestito con assoluta leggerezza l’intera faccenda, preferendo i titoli dei giornali e le discussioni che propongono soluzioni illusorie senza mai arrivare a conclusioni. Eppure, già dopo la prima cucciolata in Lessinia nel 2013, gli esperti avevano detto che si sarebbero prolificati ed espansi. Ora sono presenti alcuni branchi e si stimano se ne aggiungeranno a breve altri”.
Cristina Guarda, consigliera della Lista AMP, replica agli attacchi della maggioranza verso la minoranza per la vicenda del lupo ucciso in Lessinia, su cui è esplosa la polemica politica.
“Guardiamo cosa sta facendo la Lombardia, regione confinante e anch’essa leghista, senza tanti slogan: ha messo assieme istituzioni, associazioni di allevatori e quelle ambientaliste. Il Veneto, invece, scarica le responsabilità a Stato o Europa, senza aver correttamente aiutato i cittadini, come era nelle sue possibilità”.
Cristina Guarda punta l’indice sulla mancata prevenzione: “È la stessa Regione che senza una programmazione a medio-lungo termine ha acquistato in fretta e reti poco robuste, non adatte ai terreni montani e con altezze inferiori a quelle consigliate, acquistate in fretta con gli ultimi fondi del cofinanziamento europeo Life WolfAlps. Reti errate, come riferiscono gli allevatori restii ad usarle con ottime motivazioni, infatti vengono facilmente abbattute sia internamente dai bovini, sia esternamente dalla fauna selvatica, immaginate per un lupo. E molte altre sono le richieste degli allevatori: accertamento dei casi di predazioni, risarcimenti anche in seguito a ferite, revisione dei carichi di monticatura, ma ricordano le promesse della regione di un corpo di sentinelle o dei radiocollari. In caso di grandi carnivori vanno perseguite tutte le strade possibili. Ma l’unica che la regione sembra voglia intraprendere è quella dei cacciatori, che si vedono diminuire le prede nella caccia di selezione agli ungulati, “prelievo” per la politica. Ora la guerra sulle alpi è diventata strumentale: sacrificare gli allevatori per eliminare il lupo che toglie ai cacciatori la selezione degli ungulati. Nel documento degli allevatori dell’altopiano è messo nero su bianco il drastico calo del numero di ungulati nel 2016 e 2017. E non ci vuole un genio per dire che più selvaggina per il lupo uguale meno predazioni. Questi sono i fatti – conclude Cristina Guarda – È inutile fare a gara su chi conosce più o meno la montagna: la maggioranza dimostri con azioni concrete che le interessano i risultati e non i titoli di giornale. Dopo aver perso il tempo utile ad aiutare gli allevatori, è folle pensare che abbattere il lupo sia la soluzione, quando è invece il simbolo del fallimento della politica. Il giustiziere ‘fai da te’ della scorsa settimana è la conseguenza proprio di una politica che ha sottovalutato il problema, alimentando paure e rabbia”.