Alla fine dei conti, sono le parole a renderci uguali. Ognuno con la sua vita, le sue esperienze e le sue abilità, ognuno protagonista della sua vita scandita dall’uso costante delle stesse parole.

‘AnguriAmo sulle Ruote’ ha spinto a riflettere sul ruolo del linguaggio e la somiglianza delle persone in un incontro che si è tenuto all’Anguriara di Giavenale, dove Aniep (Associazione Nazionale per la promozione e la difesa dei diritti delle persone disabili), con la sua presidente Maura Fontana, ha chiamato a raccolta un vario pubblico per sensibilizzare sulla disabilità.

Al centro della serata le parole, che scandiscono il vissuto e il quotidiano. Parole che cerano, che feriscono, che stimolano e allontanano. Parole che hanno lo stesso significato per tutti e per questo rendono tutti uguali e che solo le circostanze strettamente personali permettono di interpretare in modo diverso, ma non così diverso da far percepire diversità tra le persone.  “Le parole che diciamo, quelle che udiamo e le emozioni ad esse connesse si fissano dentro di noi – ha commentato Maura Fontana – Ci sono parole che ci portiamo dietro fin da quando eravamo bambini, parole dolci oppure terribili, che all’epoca non abbiamo neppure compreso pienamente ma che ci hanno condizionato da allora in poi. Ci sono le parole della maturità, delle speranze e dei successi, ma anche quelle delle frustrazioni e delle aspettative deluse che negli anni ci hanno fatto ritrarre ed incupire. Ci sono le parole pronunciate a voce alta e quelle appena sussurrate, ci sono i pensieri quasi senza parole e le parole vuote e quasi senza pensieri. Ne abbiamo parlato, in modo originale: con un cappello a cilindro che conteneva tanti fogli di carta arrotolati e chiusi da un nastro, su ciascuno dei quali era scritta una parola, leggerezza, abilità, condivisione, attesa, amore, e tante altre. A turno i relatori ne davano una loro interpretazione ed il pubblico interagiva concettualmente ed emozionalmente. Il messaggio – ha concluso – era che tutti collocano, praticano e vivono le stesse parole, quindi l’attesa, la condivisione, la fatica, la speranza. Questo significa che non siamo così diversi”.

A.B.

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